Intervista a Laura Giordano, Responsabile FERCAM Fine Art a Torino
A seguito di una lunga esperienza, dapprima in Gondrand e poi in FERCAM, Laura è diventata responsabile del reparto Fine Art di Torino nell’aprile dello scorso anno, in un momento senza dubbio particolare e sfidante. L’intero settore museale nella primavera del 2020 si è infatti trovato bloccato dalle restrizioni anti-Covid...
Come avete vissuto questo periodo anomalo?
I nostri Clienti sono sostanzialmente musei e in parte anche gallerie, i quali a causa della pandemia sono stati chiusi al pubblico per mesi. Tutto ciò che avevamo già organizzato è saltato o è stato rinviato, dai progetti espositivi ai programmi di mostre. È stato un periodo molto duro, senza punti di riferimento e con attività ridotte ai minimi termini.
Ma abbiamo cercato di trovare tutte le occasioni possibili per poterci rialzare, ad esempio abbiamo collaborato con istituzioni che hanno approfittato del periodo di pausa per effettuare riorganizzazioni interne delle collezioni e attività di manutenzione. La cosa fondamentale è stata poter garantire una continuità per la nostra squadra e preparare step futuri, per recuperare prima possibile.
Si può dire che ci sia stata una svolta con l’inizio del 2021?
Un bel segno di speranza è arrivato a gennaio, quando uno dei nostri più importanti Clienti, Palazzo Madama di Torino, ci ha affidato l’organizzazione di una mostra dedicata a busti reliquiari di santi, provenienti dalla regione e da territori limitrofi. Ci siamo quindi avventurati tra neve e restrizioni Covid, in Piemonte e Valle d’Aosta, ma anche in Svizzera e Francia, per raccogliere queste preziose opere medievali, che resteranno visitabili fino all’estate. L’abbiamo trovata una scelta coraggiosa da parte del Museo, che ha compiuto quello che a mio parere è un gesto simbolico per il settore espositivo.
Con la Galleria Nazionale delle Marche, sita all’interno del Palazzo Ducale di Urbino, abbiamo gestito il rientro di una mostra itinerante la cui collezione ci era già stata affidata per un allestimento a Torino. Si tratta di un’esposizione di maioliche rinascimentali, per le quali la nostra falegnameria aveva realizzato delle casse progettate ad hoc, a cassetti, per un trasporto efficiente in totale sicurezza.
Abbiamo collaborato anche con Reale Mutua, che spesso in Piemonte si fa promotrice di iniziative culturali, per un progetto prestigioso, che speriamo possa proseguire e dare luogo a collaborazioni future. Recentemente abbiamo inoltre allestito e disallestito Artissima alla GAM di Torino, una grande fiera d’arte a cadenza annuale, che quest’anno è stata organizzata in una veste più contenuta presso le varie sedi della Fondazione Torino Musei. Confidiamo nel fatto che questi progetti possano rappresentare i primi step di una vera ripartenza: abbiamo tanta passione per il nostro lavoro e una grande expertise da offrire, i ritmi rallentati del 2020 non fanno per noi!
FERCAM Fine Art è una BU a prevalenza femminile, secondo te c’è un motivo?
Me lo sono chiesta anche io! In verità qui a Torino io ho un collega con cui collaboro ottimamente da diversi anni, lui prima era un autista e poi è passato a svolgere attività organizzative in ufficio, per cui il mio primo confronto quotidiano è con lui. Ma è vero che per quanto concerne le attività di pianificazione in tutto il nostro campo, non solo in FERCAM, ci sono moltissime donne, oserei stimare una percentuale vicina all’80%. Sicuramente è un lavoro che richiede molta organizzazione e precisione, la capacità di leggere a 360° le situazioni. Come mamma mi sento di dire che ci sono esperienze che aiutano una donna a sviluppare in modo particolare questa facoltà, l’abitudine ad avere uno sguardo d’insieme, per tenere sotto controllo diversi aspetti in contemporanea.
Essendo madre, come vivi l’equilibrio fra vita lavorativa e vita privata?
In occasione del mio primo congedo per maternità ho scelto di assentarmi per un periodo più lungo e quindi quando ho ripreso l’attività mi sono sentita un pochino “arrugginita”. Ho dedicato energie per aggiornarmi e reinserirmi al meglio e quando ho avuto il mio secondo figlio ho deciso di mantenermi in maggiore contatto con le attività del team e di rientrare al lavoro in tempi più brevi. Non è semplice coniugare tutto e sono grata di poter usufruire di un part-time, così da potermi occupare anche delle esigenze dei miei figli. Per fortuna la tecnologia permette di continuare a lavorare anche fuori dall’ufficio, il che significa che i confini tra vita privata e vita lavorativa si fanno più sfumati, ma è al contempo un’opportunità, perché personalmente non lavoro solo per adempiere a responsabilità, ma anche perché mi entusiasma ciò che facciamo. E così riesco a garantire continuità, a tenere d’occhio quanto accade e ad intervenire tempestivamente in caso di necessità, anche ad orari inconsueti.
Avete sperimentato modalità di lavoro agile? Che cosa ne pensi?
Abbiamo sperimentato lo smartworking durante il lockdown e a livello informatico non abbiamo incontrato ostacoli. La parte del nostro lavoro che ha a che vedere con formulazione di preventivi, progettazione e comunicazione viene pressoché totalmente svolta in digitale, per telefono o via mail, per cui è gestibile a prescindere da dove ci si trova fisicamente. Ci sono poi tutte le attività che hanno a che fare invece con la dimensione fisica e tecnica della gestione delle opere, dal sopralluogo alle operazioni di magazzino, che naturalmente richiedono di essere presenti in loco. Indubbiamente lavorare da remoto aiuta nella gestione più dinamica delle attività famigliari, ma non è facile mantenere la concentrazione quando a casa ci sono bambini che richiedono attenzioni. Credo che sia una modalità sicuramente applicabile al nostro lavoro, almeno in parte, ma non fa per tutti, ognuno dovrebbe trovare il proprio equilibrio. Ciò che a mio parere resta fondamentale è il contatto umano tra colleghi, la possibilità di potersi confrontare e ispirare a vicenda. Non dobbiamo lasciare che le potenzialità della tecnologia ci allontanino, che si traducano in alienazione.